Il tratto qualificante del potere tributario in Europa e’ caratterizzato dalla fiscalità che potremmo definire ” negativa”. Una simile deduzione nasce dal fatto che l’ Europa non possiede una fiscalità propria e allo stesso tempo non desidera sostituirsi agli Stati proponendosi, invece, di essere un ponte tra le varie fiscalità. La competenza dell’ UE in materia fiscale, infatti, sembra essere una competenza concorrente. Alla base nella fiscalità europea si pongono due principi: l’ unità del mercato e le quattro libertà fondamentali ( libera circolazione di servizi, persone, merci e capitali).
L’ ordinamento europeo dei tributi pone particolare attenzione al divieto di dazi fiscali e alla ricerca di un unione doganale comune al fine di creare un mercato comune ed eliminare comportamenti idonei a disincentivare la naturale allocazione delle risorse. Il principio di non discriminazione tributaria, dal canto suo, tende a rendere certo un trattamento concorrenziale neutro. In questa prospettiva si fanno strada anche ulteriori principi quali ad esempio il contenimento dei monopoli e il divieto di aiuti di Stato.
L’ ordinamento tributario europeo è sorretto da alcune fonti. Tali fonti possono essere di natura primaria o di diritto derivato. Le prime si configurano con il trattati, mentre le fonti di diritto derivato sono riconducibili ai regolamenti, alle direttive alle sentenze della Corte di Giustizia. Proprio a tal proposito si verificano ipotesi di invio pregiudiziale attraverso il quale il giudice nazionale ha la possibilità di richiedere un’ interpretazione su una norma comunitaria da applicare.
Per tali ragioni appare pacifico come la fiscalità negativa comporta una limitazione delle sovranità nazionali in materia tributaria senza mai attuare una sostituzione.
Ilaria Di Blasio