Dalla sentenza numero 21939 del 2017, con la quale i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso di una compagnia assicurativa contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva aumentato il risarcimento del danno subito da un uomo a seguito di un incidente, ricorrendo al meccanismo della personalizzazione ma facendo riferimento generico a una serie di circostanze che tutti astrattamente potrebbero subire dopo un incidente (senza tuttavia motivare più nel dettaglio la sua decisione), la Corte fa derivare che “il giudice, nel procedere alla personalizzazione del danno non patrimoniale, non può apprezzare delle circostanze che sono individuate genericamente e sono solo asseritamente personalizzanti, senza valutarle in maniera analitica né valorizzare i loro profili di concreta riferibilità e inerenza all’esperienza di vita effettiva del danneggiato”.
Per la Corte di Cassazione, infatti, qualora si procedesse ad una personalizzazione del danno non patrimoniale richiamando voci che potrebbero riferirsi astrattamente a qualsiasi soggetto che fosse incorso ordinariamente nelle medesime conseguenze lesive, si creerebbe una duplicazione risarcitoria inammissibile.
Il meccanismo della personalizzazione deve valorizzare le circostanze di fatto specifiche e peculiari che “valgano a superare le conseguenze ‘ordinarie’ già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle previsioni tabellari“, “dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale“.
Qualora mancasse tale approfondimento, come nel caso de quo, il giudice non potrebbe che ritornare sulla propria posizione.
Dott. Mirko Buonasperanza