“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”
È l’ art. 609 bis che, nel nostro ordinamento, disciplina la materia della violenza in ambito sessuale.
Il codice parla di costrizione; inganno; casi di minore gravità. Se può essere dubbia la categoria entro cui collocare lo stealthing, sicuramente non lo è che esso sia da far rientrare trai comportamenti perseguiti dalla disposizione di cui sopra.
Prende il nome di stealthing la decisione, unilaterale, segreta e dolosa, di un partner di rinunciare alla protezione del condom durante la pratica sessuale.
Ma, se la differenza tra rapporto consensuale e violenza poggia sul consenso delle parti, il comportamento irrispettoso degli accordi assunti da esse, si astrae dalla sfera della volontarietà. È un crimine.
Un crimine mosso dall’abbietto e futile motivo del capriccioso sadismo del piacere di violare l’ altro.
Assurde le giustificazioni: “diritto a essere uomo e un diritto al seme”; “ diritto all’essere donna e alla maternità”.
Eppure a me sembra che qui gli unici diritti a meritare tutela siano il diritto alla vita e all’integrità fisica!
Lo sdegno aumenta ulteriormente se si pensa che un tale fenomeno sia diventato “social”.
Stupratori seriali che usano la rete per condividere trucchi e consigli. Vere e proprie tecniche sperimentate sul campo: condom removal; condom sabotage; pull out.
Per quanto appaia sconcertante lo stealthing è ormai riconosciuto dal web come tendenza.
Che le mode, belle o meno, siano destinate a diffondersi non v’è dubbio. Non resta che augurarci che si affermi con altrettanta immediatezza la giustizia.
Canada e Svizzera hanno risposto con condanne dai 12 ai 18 mesi ma, ancor più importante rispetto all’entità della pena, con la condanna del crimine!
Non è l’uso della forza che descrive una violenza, ma la non scelta.
Dissenso, inganno, costrizione: quando non puoi o non sai reagire e l’importante diventa finire!
Letizia Dematteis